I verbi deboli sono quasi tutti derivati da verbi forti, da aggettivi o sostantivi e, a differenza dei verbi forti, sono raggruppati in quattro classi.
I verbi che vengono ordinati nella prima classe si rifanno al tema indoeuropeo caratterizzato dalla presenza del suffisso –èye-/-èyo– (-ji-/-ja-) e sono in prelavenza causativi derivati da verbi primari (nasjan “salvare”) e fattitivi derivati da aggettivi (got. fulljan “riempire” da fulls “pieno”).
I verbi deboli ordinati nella seconda classe sono invece caratterizzati dal formante in -ò- che corrispondente all’indoeuropeo -à-; esempio dal latino piscàri, abbiamo in germanico fiskòn; i verbi della seconda classe sono denominativi ed atematici (il formante -ò- è direttamente unito alle desinenze).
Per quanto riguarda la terza classe, il suffisso per i verbi deboli è derivante dall’indoeuropeo -è- (lat. habèere “avere”) e sono per lo più deverbativi con significato durativo e denominativi con significato incoativo.
La quarta classe è invece caratterizzata da un formante -na- di grado ridotto rispetto al formante indoeuropeo -nà-; ne fanno parte verbi fullnan o gawaknan “svegliarsi”.